Interviste a Rolando Rossi (Capodieci di Sant’Ubaldo nel 1971), Paolo Coldagelli (Capodieci di San Giorgio nel 1992), e Luigi Bocci (Capodieci di Sant’Antonio nel 1997). Luigi Bocci: “Piano piano mi ripresi e provai una grande gioia”. Paolo Coldagelli alzò San Giorgio a 49 anni. Rolando Rossi: “Chiudemmo la Porta in Basilica. Facemmo tre girate e la riaprimmo

Rolando Rossi

GUBBIO – Con Rolando Rossi ci incontriamo a Piazza Oderisi, per parlare dell’anno 1971, quand’egli, ceraiolo trentenne, alzò il Cero di Sant’Ubaldo. Giovane ma già ceraiolo esperto, perché Rossi aveva alzato il Cero Piccolo nel 1954 a 13 anni, quando ancora Piazza Grande non era stata lastricata e c’era la terra e le erbacce, e il Cero Mezzano nel 1959 a 18 anni.

Rispetto ad oggi, la Festa come tale non è cambiata, c’era soltanto minor frenesia. – spiega Rolando RossiEra la ‘zona’ che indicava i Capodieci, scelti tra coloro che storicamente si erano dedicati al Cero. Mi ricordo che stipulammo un accordo tra Capodieci (Aleandro Alunno di San Giorgio e Mario Fofi di Sant’Antonio) per tirare la Brocca contemporaneamente durante l’Alzata. Mentre in Basilica, l’accordo era che se Sant’Ubaldo avesse chiuso la Porta, avremmo fatto tre girate per poi riaprirla. E così avvenne.

Mia moglie venne in Basilica con il ‘mazzolo’ nella borsetta. Era il ‘mazzolo’ di mio padre Girolamo Rossi, capomastro e muratore, Primo Capitano della Festa dei Ceri 1952. Il ‘mazzolo’ serviva per essere sicuri di scavijare il Cero dentro il Chiostro della Basilica.

In quel periodo si dovevano ancora cercare i ceraioli per organizzare al meglio le mute lungo il percorso. Alcune venivano anche improvvisate, è la verità. Non c’erano pranzi ufficiali dei Capodieci, ad esempio io misi una damigiana di vino lungo gli Stradoni in corrispondenza delle tre Capelucce. Lo feci per i ceraioli.

Quando sali sulla barella con la Piazza di fronte pronta per l’Alzata dei Ceri, diventi un attimo pensieroso. Una sensazione strana, molto forte, sei sopra una marea di gente. Nel 1971 Sant’Ubaldo fece una corsa impeccabile, e chiudemmo anche la Porta. Purtroppo cadde Sant’Antonio durante le girate della sera in Piazza Grande.

In generale il clima che si respirava attorno ai Ceri era differente rispetto ad oggi. Ad esempio tra il Cero di Sant’Ubaldo e quello di San Giorgio c’erano sempre gli sfottò goliardici, con la consegna della bietola a casa il giorno successivo la Festa dei Ceri. Si trattava di momenti accettati da tutti, con spirito goliardico”.

Paolo Coldagelli

Paolo Coldagelli Capodieci di San Giorgio nel 1992

Un incontro casuale con Paolo Coldagelli per strada, subito mi è tornato alla mente che dovevo scrivere un articolo su un Capodieci storico di San Giorgio. Ho approfittato per chiedergli se era disponibile a scambiare due parole sui Ceri, o meglio sul 1992 l’anno in cui aveva alzato il Cero del Santo Guerriero. Andai a casa sua e iniziammo a parlare della Festa dei Ceri.

Gli chiesi dove prendeva il Cero, “in via Cavour e dopo la seconda Capeluccia con la manicchia di San Martino. Quando venni eletto Capodieci, ancora prendevo il Cero in quei posti, avevo 49 anni”. Direi altri tempi, oggi sarebbe impossibile prendere il Cero a 49 anni.

Non sapevo che già altre volte si era candidato per alzare il Cero di San Giorgio, oltre a quella del 1992. “Nel 1974, poi l’alzò Gaetano Bettelli, una colonna sangiorgiara”. Nel 1980 fu eletto Alessio Alunno, ma Paolo non si perse d’animo. Nel 1986 fu eletto Capodieci Tonino Mancini. “Forse mi salvai perché prima dell’elezione del 1992 venne cambiato lo Statuto sangiorgiaro, potevano votare tutti i ceraioli del Cero del Santo Guerriero, che potevano presentare solo i candidati della manicchia cui toccava il giro.

Irriducibile mi ripresentai, eravamo 5 candidati, alla fine rimanemmo in due per il ballottaggio, l’altro era Marino Rossi molto più giovane di me. Alla fine ce la feci, anche se credevo di no. I ceraioli dimostrarono affetto per me, per il mio grande impegno e per la mia età vollero premiarmi. Finalmente tanta soddisfazione, esserci riuscito e sentirmi i ceraioli vicini, anche questo è importante perché si alza il Cero per tutti i sangiorgiari.

Il mio fisico integro, allenato mi ha permesso di svolgere con tranquillità il grosso impegno. ll 15 maggio iniziò con la solita sveglia con i tamburini, a Santa Lucia un rinfreschino, e via verso la Casa di Sant’Ubaldo dove tutti e tre i Capodieci alla finestra salutarono i ceraioli. L’Alzata bene, vedere la Piazza gremita di gente festante, di ceraioli già tesi, mi diede più forza.

Calata al massimo per San Giorgio, con un paio di strisciate al muro in via Cavour, ai Consoli. Sant’Ubaldo entra in Basilica, ma la chiusura del portone non fu perfetta perché avevano lasciato ad un giovane il compito di chiuderlo. Uno spiraglio era rimasto aperto, San Giorgio riuscì ad entrare, naturalmente le polemiche non mancarono.

Quindi le solite girate nel Chiostro della Basilica e il ritorno in città. I festeggiamenti in taverna, felice di come era andata la corsa, anche un po di stanchezza”. Abbiamo parlato ancora di quante cose sui Ceri sono cambiate, poi ci siamo salutati augurandoci un buon 15 Maggio, che sarà tra poco.

Luigi Bocci

Luigi Bocci Capodieci di Sant’Antonio nel 1997

E’ stato un bel rivedersi con Luigi Bocci, parlare di ricordi passati e di Cero, si perché deve raccontarmi del giorno dei Ceri del 1997, quando ha avuto l’onore di essere il primo Capodieci di Sant’Antonio, e tirare la Brocca. Gigi inizia con l’elezione a Capodieci, che era avvenuta un anno prima nel 1996.

Come di consuetudine nel Cero di Sant’Antonio l’elezione per il Capodieci avveniva un anno prima e si eleggevano due Capodieci, uno per la manicchia interna, uno per quella esterna. Dice: “Ricordo bene il momento, inaspettato, stavo guardando la tv in un club, si presentò Cesare Bedini che mi disse ‘alzi il Cero’ e cominciarono a tremarmi le gambe, non riuscivo a capire, mille pensieri, mi sedetti e mi portarono dell’acqua, piano piano mi ripresi e sentii una grande gioia.

Una cosa così per un ceraiolo è il massimo, un brindisi con i presenti suggellò la nomina a Capodieci. Le persone che costituivano il Senato, per me da giovinetto rappresentavano un punto di riferimento assoluto, come persone e come ceraioli: il Sor Nino, il Pacio, Ontano, il conte Balducci, Chiocci.

La mattina del 15 Maggio per la sveglia a casa sono arrivati i tamburini, e mi aveva fatto particolarmente piacere perché’ tra loro avevo riconosciuto i vecchi tamburini, miei amici, con cui suonavo il tamburo, ci salutammo con grandi abbracci. Nel ripartire, io risuonai il tamburo insieme a loro, lungo il tragitto.

Particolarmente emozionante è stato uscire da Palazzo dei Consoli e vedere tutta la Piazza gremita e le camice dei ceraioli. Tra tutto questo spettacolo e frastuono arrivò il suono del Campanone, poi il momento di lanciare la Brocca tra la folla festante. Quindi le girate e via per la mostra. Nel pomeriggio l’avvicinarsi della Statua di Sant’Ubaldo, il Vescovo con la reliquia del Santo Patrono, l’emozione divenne forte, l’ora della Calata era arrivata.

Per un attimo riuscii a far mente locale su di un articolo da me letto, scritto dal Pacio su un Via Ch’Eccoli, che richiamava l’attenzione sulle donne della Calata, sulle loro grida all’apparire dei tre Ceri. Via di corsa, purtroppo per noi una caduta da Barbi.

Io ero uscito da poco dal Cero e lo seguivo inconsapevole che da lì a poco sarebbe caduto Sant’Antonio. Il resto della corsa andò bene, e grazie alla muta della Branca potei prendere il Cero sotto la stanga a ceppo esterno sulla Ficara. Al monte finita la corsa, e poi giù con i Santi e in taverna a far festa”.

Luciano Casagrande e Francesco Caparrucci