Al SerD Alto Chiascio di Gubbio (Servizio per le Dipendenze dei Comuni di Gubbio, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Scheggia e Pascelupo, Sigillo e Costacciaro) sono rimasti due infermieri ed uno psicologo a contratto, venendo a mancare il medico.
Fino al marzo scorso vi erano due medici. Il servizio era già da prima in sofferenza, con personale non sostituito negli anni. Ora nemmeno il medico. Tutto questo a fronte di un allargamento delle fasce di età interessate (sia in alto che in basso) e all’emergere di nuove dipendenze.
I “sopravvissuti”, gli operatori che rimangono, aumentano il carico di lavoro, qualche volta a dismisura, diminuendo la quantità e la qualità (talvolta) della risposta e divenendo spesso “scudi umani” nei confronti di famiglie e pazienti.

GUBBIO – In questa estate implacabilmente calda, mentre la politica prepara i suoi giochi in vista delle regionali, assistiamo ad un nuovo vulnus al Sistema Sanitario nel nostro territorio: al SerD Alto Chiascio (Servizio per le Dipendenze dei Comuni di Gubbio, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Scheggia e Pascelupo, Sigillo e Costacciaro) sono rimasti due infermieri ed uno psicologo a contratto, venendo a mancare il medico.

Fino al marzo scorso vi erano due medici. Il servizio era già da prima in sofferenza, con personale non sostituito negli anni. Ora nemmeno il medico. Tutto questo a fronte di un allargamento delle fasce di età interessate (sia in alto che in basso) e all’emergere di nuove dipendenze.

Questo è solo l’ennesimo episodio di criticità che si verifica nella medicina di base e nei servizi territoriali della nostra area.

Quando i servizi territoriali entrano in difficoltà, vi sono inevitabili conseguenze sulla cronicità, sulla salute mentale, sulla riabilitazione, sugli anziani e sulle disabilità ed in tutte quelle prestazioni che non compaiono come effetto diretto, ma che poi ritroviamo ad intasare Pronto Soccorso e liste d’attesa, per non parlare delle attività di prevenzione che rischiano di diventare marginali.

La modalità con cui avviene questo depotenziamento è, di solito, la non sostituzione, per motivi diversi, di personale che viene messo a riposo o che viene a mancare per altre ragioni.

I “sopravvissuti”, gli operatori che rimangono, aumentano il carico di lavoro, qualche volta a dismisura, diminuendo la quantità e la qualità (talvolta) della risposta e divenendo spesso “scudi umani” nei confronti di famiglie e pazienti.

Il servizio decade e le urgenze, sempre più numerose, vengono gestite dai servizi di emergenza, sempre più insofferenza e gravati. Tutto questo non fa notizia, perché gli episodi che poi accadono (overdose, acting-out comportamentali, abbandoni, etc ) vengono derubricati a casi isolati.

Moltissimi settori, anche non territoriali potrebbero raccontare storie analoghe, con carenze che diventano strutturali, generando disservizi e liste d’attesa sempre più lunghe ed in qualche caso addirittura irraggiungibili. Che succede poi?

La nostra Asl, per esempio, per eliminare le liste d’ attesa, sulla scia di quanto proposto dal Governo Meloni, è pronta a dirottare 18.000 prestazioni al privato convenzionato. Il privato, in ogni caso, diviene sempre più ricco, sempre più presente, spesso non più limitato a singole prestazioni, ma a pacchetti, con le assicurazioni dietro, pronte a piazzare polizze private di welfare, a volte presenti addirittura sui tavoli di contrattazione sindacale delle aziende.

Questo per chi può. E per quelli che possono meno o non possono o quei servizi che sono naturalmente non privatizzabili, che sono strutturalmente in rimessa?

Si fa una sanità a due velocità ed a due mondi. La nostra Costituzione dice cose diverse. Il SerD del nostro
territorio, già depauperato in precedenza, non ha più nemmeno il medico.

Dato che oltre l’80% del bilancio della regione va sulla sanità, se si vuole discutere di politica in regione si parta da questo e da temi come questo. Lo si faccia presto.

Comunicato stampa Lista civica “Gubbio Partecipa”