Grazie all’impegno fin dagli anni ‘70 della signora Domenica Michini è nata l’Associazione Famiglie Alto Chiascio A.P.S. costituita giuridicamente nel 1984. Oggi il Centro “Aldo Moro” accoglie fino a 20 ragazzi. 

Centro Accoglienza “Aldo Moro”

L’obiettivo in futuro è una nuova sede con spazi per i servizi assistenziali.
La Presidente Sonia Brugnoni: “Nel nostro territorio c’è tanta vicinanza per tutti i ragazzi del Centro, sia da parte della cittadinanza, sia dalle Istituzioni. Negli anni la sensibilizzazione per l’handicap è migliorata.
Tutte le storie sono importanti, ogni ragazzo potrebbe raccontare il proprio vissuto e scriverne un libro.
L’interlocutore avrebbe senza dubbio qualcosa da imparare di questo mondo, quello della disabilità, che a volte ancora fa paura e che non sempre viene compreso“.

GUBBIO – Insieme a Sonia Brugnoni, Presidente dell’Associazione Famiglie Alto Chiascio A.P.S., ripercorriamo le tappe che portarono alla nascita del Centro accoglienza “Aldo Moro”, una struttura nata dalla ferma volontà della Signora Domenica Michini, che oggi è una delle migliori eccellenze territoriali quanto ad assistenza e progetti didattici a favore di persone con handicap motori e cognitivi.

Centro Accoglienza “Aldo Moro”, la didattica

Signora Brugnoni, ci racconta la storia del Centro accoglienza “Aldo Moro” dalla sua nascita ad oggi?

L’attuale Centro accoglienza AldoMoro, deve la sua nascita agli sforzi e l’impegno prodigati negli anni da chi ha fondato l’attuale Associazione Famiglie Alto Chiascio A.P.S., la Signora Domenica Michini. Domenica, chiamata da tutti amichevolmente Mimma, è madre di Massimiliano, ragazzo con handicap motori e cognitivi.

Fin dagli anni Settanta si era riproposta di creare un luogo di aggregazione che comprendesse ragazzi con qualunque tipo di disabilità, residenti in tutto l’Alto Chiascio, per far sì che il proprio vissuto e quello di suo figlio potesse diventare un’esperienza da condividere e che potesse creare un interscambio tra chi viveva giornalmente tutte le difficoltà del mondo dell’handicap.

Riuscì a contattare facendo casa per casa le famiglie del territorio, che condividevano come lei la disabilità di un figlio. Non tutti inizialmente compresero il progetto della Signora Mimma, ma alla fine riunì tre ragazzi. Ottenne mediante il confronto con le Istituzioni di allora, prospettando i suoi propositi, l’assistenza domiciliare a chi decise di credere nel suo progetto.

Con costanza e determinazione arrivò ad una sede, venne data la disponibilità, di tre stanze di quello che è stato per anni l’Asilo di San Pietro, nacque un primo vero e proprio Centro diurno per disabili. Le richieste di inserimento crescevano; le Istituzioni del comprensorio di allora, diedero in uso un prefabbricato adiacente alla scuola elementare ‘Aldo Moro’, da qui il nome dell’attuale Centro.

Per potersi tutelare e arrivare ad obiettivi sempre più lontani, si decise di istituire un’associazione che raggruppava i familiari di portatori di handicap per tutelarne i diritti. Supportata da diversi collaboratori e dai familiari dei ragazzi, nel 1984, venne costituita giuridicamente l’Associazione Famiglie Alto Chiascio.

Si cominciò ad interagire con le Istituzioni come Associazione con l’obiettivo di sensibilizzare sulle esigenze sia individuali che strutturali, che nel tempo andavano crescendo. Infatti il numero di chi chiedeva l’inserimento in questo luogo di aggregazione aumentava e così anche le necessità di una struttura adeguata.

Iniziò anche la collaborazione con la cooperativa sociale ASAD, che permise l’aumento di operatori inseriti in tale organico. Gli spazi del prefabbricato non erano più sufficienti, e avvenne così il trasferimento pressoi locali di via Aristotele. Tali ambienti non potevano coprire tutte le esigenze e le necessità.

Continuando ad interagire con tutti i mezzi che l’Associazione possedeva, si riuscì ad arrivare alla progettazione nei primi anni Novanta, dell’attuale sede del centro ‘Aldo Moro’ in via Verdi“.

Centro Accoglienza “Aldo Moro”, didattica

Quanti ragazzi e ragazze ospita il Centro e quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati di raggiungere nei prossimi anni?

Attualmente il Centro Semiresidenziale Aldo Moro accoglie 20 ragazzi al giorno. L’Associazione in questi anni, oltre a porre l’attenzione al mondo della disabilità tutelandone i diritti e cercando di arrivare all’inclusione in tutte le sue forme, ha raggiunto diversi obiettivi.

Questo è stato possibile grazie ai soci che l’hanno composta e alla presidenza del Signor Sauro Allegrucci, succeduto alla signora Mimma, cui colgo l’occasione di ringraziare per il lavoro svolto. La mia presidenza è subentrata con l’esigenza di poter iscrivere l’Associazione nei registri nazionali, specificatamente in quelli del RUNTS, in cui risulta inserita come associazione di promozione sociale.

Tutto questo è stato necessario perché gli obiettivi da raggiungere sono ulteriori ed importanti, soprattutto quelli che porteranno al raggiungimento di progetti che comprendano ‘Il dopo di noi’. Infatti per ogni familiare che abbia all’interno del nucleo un portatore di handicap, nasce la necessità di pianificarne il futuro.

In ordine di tempo, quello che ci proponiamo, con la speranza che avvenga in un futuro prossimo, è una nuova sede per lo stesso Centro.

Quello attuale, per quanto di recente costruzione e ben suddiviso per la progettazione e lo svolgimento delle attività dei vari laboratori del C.S.R.E. e garantendo pienamente le idoneità igienico sanitarie e strutturalmente adeguato a qualunque forma di disabilità, non soddisfa a pieno i bisogni degli utenti.

Difatti non permette un ottimale differenziazione dei servizi assistenziali e socioriabilitativi, che faticano a coesistere, a causa di una metratura insufficiente. Motivo per cui, anche senza una progettualità per il ‘dopo di noi’, il Centro non può accogliere nuovi inserimenti“.

Associazione Famiglie Alto Chiascio A.P.S.

Che cosa significa, al giorno d’oggi, svolgere il vostro lavoro di operatori qualificati?

A tale domanda non posso rispondere perché nessuno dei soci ricopre il ruolo di operatore all’interno del Centro.

Ma posso dirle con estrema facilità che tutti noi familiari apprezziamo il lavoro di tutti gli operatori ed educatori che giornalmente si occupano dei nostri ragazzi.

Comprendiamo le difficoltà e quanto sia importante il loro lavoro perché permette di aprire tutti i ragazzi verso il mondo, al di là della loro disabilità“.

C’è una storia in particolare, tra quelle a cui avrà assistito negli anni nel Centro “Aldo Moro”, che le è rimasta nel cuore?

Tutte le storie sono importanti, ogni ragazzo potrebbe raccontare il proprio vissuto e scriverne un libro. L’interlocutore avrebbe senza dubbio qualcosa da imparare di questo mondo, quello della disabilità, che a volte ancora fa paura e che non sempre viene compreso“.

Da dove nasce il suo impegno di Presidente?

La mia presidenza è relativamente giovane poiché sono stata eletta a luglio del 2021. Il mio impegno iniziale era quello di far sì che l’associazione non venisse chiusa perché risultava difficoltosa una gestione con le nuove formule di iscrizione mediante i registri ministeriali.

Con il tempo mi sono resa conto che per me diventava importante riuscire nel raggiungimento di obiettivi che potessero agevolare la vita di questi ragazzi così speciali.

La gioia e la gratitudine nei loro volti, per un obiettivo raggiunto, sono vere e pure a tal punto, da infondere in me, la determinazione per riuscire ad ottenere gli obiettivi futuri descritti sopra, senza dimenticare il quotidiano, che porti all’inclusione, abbattendo la discriminazione.

Ma è anche vero che nel nostro territorio c’è molta vicinanza per tutti i ragazzi del Centro, sia da parte della cittadinanza, sia dalle istituzioni. Negli anni la sensibilizzazione per il mondo dell’handicap è molto migliorata, ma ancora c’è tanto da fare.

Io come presidente dell’Associazione Famiglie Alto Chiascio A.P.S. e i soci iscritti, contiamo che con l’impegno di tutti riusciremo a raggiungere gli obiettivi prefissati, nonostante le difficoltà, certi di essere ascoltati“.

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Francesco Caparrucci