Salvatore Borsellino: “Paolo era quello che disperatamente aveva cercato di indagare sulla strage di Capaci, nel suo ultimo discorso disse che voleva parlare con l’autorità giudiziaria perché era un testimone e che avrebbe informato l’opinione pubblica, ma non fu mai chiamato al processo e non ebbe tempo

Foto Salvatore Borsellino

La Biblioteca Sperelliana gremita

GUBBIO (F.C.) – Venerdì sera presso l’ex refettorio di San Pietro, si è svolto l’incontro con Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Paolo Borsellino ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992, e con Giorgio Bongiovanni, direttore di “AntimafiaDuemila”. Ha Moderato l’incontro Aaron Pettinari, caporedattore di “AntimafiaDuemila”.

L’evento è stato organizzato dal Gruppo “Agende rosse – Peppino Impastato di Gubbio con la collaborazione dell’Istituto “IIS Cassata-Gattapone” e della Biblioteca Comunale Sperelliana. A 25 anni dalla morte di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, si è parlato della Trattativa Stato-mafia e dei mandanti occulti delle stragi.

Foto Salvatore Borsellino

L’evento è stato organizzato dal Gruppo “Agende rosse – Peppino Impastato di Gubbio

Aaron Pettinari (capo redattore Antimafia Duemila): “È sempre positiva la partecipazione dei giovani perché c’è speranza per oggi e per il domani. Il 1992 fu un anno particolare nel quale la storia del nostro Paese cambia. Non sono vecchie storie ma ci aiutano a capire dove stiamo andando, negli anni ci sono stati dei processi con condanne grazie anche a collaboratori di giustizia che raccontano nuove verità.

Nella strage di via d’Amelio ci fu un depistaggio, è una verità mancata non completa come è accaduto in tante altre stragi. I boss sono stati condannati, ma non sappiamo ancora chi sono i mandanti a volto coperto“.

Giorgio Bongiovanni (direttore Antimafia Duemila): “Salvatore è un congiunto di una vittima dello Stato, chiedendo a gran voce giustizia e raccontando anche degli episodi. Io vi invito a seguire questo processo su Radio Radicale, stanno emergendo molte cose. Salvatore Riina, anche se in carcere, è tutt’ora il capo ed alcuni collaboratori di giustizia ci hanno raccontato che vogliono Nino Di Matteo, simbolo della lotta contro la mafia, morto.

Foto Salvatore Borsellino

Intervento di Salvatore Borsellino

Altre famiglie palermitane, dal 2012 ad oggi, hanno acquistato in Calabria del tritolo per l’attentato a Di Matteo, è un attentato ancora in corso che per fortuna non è ancora avvenuto. Cosa Nostra, ‘Ndrangheta ecc.. sono un’unica organizzazione criminale che segue un unico sistema criminale. I potenti che sono alleati con questo sistema criminale sono gli stessi.

Ora il bersaglio principale è Di Matteo, simbolo dei magistrati che vogliono raggiungere la verità. La verità è spaventosa, non la si vuole affrontare. Una verità che i magistrati siciliani e calabresi stanno vedendo. Ci sono persone che non sono corrotte, ma fanno parte integrante della mafia, il cuore del potere mafioso in Italia spesso indossano giacca e cravatta.

La mafia ogni anno guadagna 150 miliardi di euro, di cui 75 provengono dai traffici illegali di droga. Tutte le mafie sudamericane sono coordinate dalla nostra mafia, quale governo ha il coraggio di attaccare una potenza economica che da sola batte le nostre industrie?“.

Foto Salvatore Borsellino

Salvatore Borsellino

Salvatore Borsellino: “Sono un pazzo e sono contento di esserlo e lo sarò fino alla fine dei miei giorni perché chiederò verità e giustizia. Mia madre ci disse a me e mia sorella che dovevano andare ovunque a parlare di Paolo perché così non è morto. Il sogno di Paolo non morirà perché esistono giovani che hanno quei pezzi di Paolo nel cuore. Paolo non ha bisogno di noi, ma porto avanti quello che mia madre mi ha chiesto di noi.

Non è facile essere suo fratello, perché essere fratelli significa combattere le stesse battaglie e se c’è un fratello di Paolo Borsellino è Giovanni Falcone. Ritengo che il nostro Paese debba sentire questo profumo di libertà, dobbiamo combattere con tutte le nostre forze. Il fuoco che ha ucciso mio fratello è arrivato alle spalle, da coloro che avrebbero dovuto combattere con lui e che lo hanno tradito, è per questo che dopo 25 anni ancora combatto.

Sono felice che so che quando non ci sarò più, qualcuno continuerà questa battaglia. Finché continueranno ad attaccarmi io saprò che sto facendo la cosa giusta e andrò avanti.

Foto Paolo Borsellino

Paolo Borsellino

Paolo è stato ucciso prima che rivelasse all’opinione pubblica le trattative che aveva scoperto. Agnese dopo due anni dalla morte di Paolo, mi disse che la verità non sarebbe mai venuta fuori perché sennò lo Stato sarebbe crollato. Paolo aveva una fede infinita nello Stato, penso a quanta tristezza abbia invaso l’anima di Paolo quando si è reso conto che la mano che lo avrebbe ucciso sarebbe venuta da quello Stato al quale aveva giurato.

Paolo era quello che disperatamente aveva cercato di indagare sulla strage di Capaci, nel suo ultimo discorso disse che voleva parlare con l’autorità giudiziaria perché era un testimone e che avrebbe informato l’opinione pubblica, ma non fu mai chiamato al processo e non ebbe tempo. La mafia avrebbe aspettato dopo la strage di Capaci anche qualche anno, mentre lo Stato ha fatto passare solo 57 giorni perché sapeva che Paolo avrebbe rivelato le trattative che aveva scoperto.

Paolo è stato ucciso perché avrebbe rivelato la trattativa, perché aveva ricevuto la delega per indagare sulla strage di Capaci, perché sarebbe dovuto andare a testimoniare a Caltanissetta e perché dovevano far fuori quella famosa agenda rossa che ora è diventato il simbolo della lotta alla mafia“.

Fotografie Cronaca Eugubina