Il Vescovo di Gubbio: “Da stasera la Chiesa entra in un grande silenzio, il Signore della vita è stato ucciso dagli uomini, ma la morte non ha vinto e non vincerà più“
GUBBIO (F.C.) – La Processione del Cristo morto è uno dei momenti della vita cittadina in cui l’eugubinità, la storia e le tradizioni della nostra città si fondono a tal punto da diventare cultura.
Anche quest’anno la Processione, a causa della non agibilità della Chiesa di Santa Croce della Foce, è partita dalla Chiesa di San Domenico a San Martino. Dove già molto prima dell’orario stabilito, una folla di eugubini gremiva piazza Giordano Bruno in attesa dell’uscita dalla Chiesa del Cristo morto e della Madonna seguita dal coro delle “Pie donne”.
Intensa, come ogni anno, l’emozione suscitata dai canti religiosi dei coristi: circa 70 persone per ciascuno dei due cori. Numeri importanti che fanno della Processione del Cristo morto di Gubbio, uno degli appuntamenti religiosi più significativi del Venerdì Santo in Umbria.
La Processione è partita dalla Chiesa di San Domenico, ha raggiunto il “pietrone” a Santa Croce, ha sterzato verso Santa Lucia, poi ha fatto ingresso in piazza Quaranta Martiri, ha raggiunto il Mausoleo e da qui è risalita ai Ferranti, a San Pietro, in via Cairoli, Corso Garibaldi, Sant’Agostino, Piazza Grande, per ridiscendere da via dei Consoli fino a San Martino.
Particolarmente toccante la visita all’Astenotrofio Mosca, con don Mirko Orsini e Monsignor Luciano Paolucci Bedini che hanno salutato gli anziani e portato loro una parola di conforto. Gli anziani hanno baciato il Cristo morto, prima che la Processione proseguisse.
Emozionanti i cori sacri, i figuranti, le statue del Cristo e della Madonna (seguita dal coro delle “Pie donne” di Sabrina Morena avvolte nel tradizionale scialle nero) nel mentre attraversavano le vie del centro storico di Gubbio illuminate dalle luci ai balconi.
La Processione si è conclusa in una gremita Chiesa di San Domenico, dove il Vescovo di Gubbio Monsignor Luciano Paolucci Bedini si è rivolto ai numerosi fedeli presenti.
“Noi tutti stasera – ha affermato Paolucci Bedini – siamo testimoni oculari, non possiamo più dire io non c’ero, nessuno di noi può dire non ho visto, questo corpo umano offeso e martoriato è il frutto del male che l’uomo può fare all’uomo. Nel corpo di Gesù si è abbattuto tutto il male possibile, quel male che non ha origine nell’uomo, ma che trasforma noi nel peggior nemico del mondo.
È il male che avvelena il cuore e ammala la mente e indurisce le mani contro un fratello o una sorella. La violenza che per difendere la propria vita elimina quella dell’altro, è tutto questo male che ancora circola nelle vene dell’umanità che ha ucciso il figlio di Dio fatto uomo nel grembo di Maria e venuto per salvarci.
Questo male abita anche le nostre case e troppo spesso sostituisce l’unica legge che Gesù, con il dono della sua vita, ha voluto insegnarci, quella dell’amore e del perdono.
Noi uomini maschi che arriviamo ad usare la violenza e la prepotenza nelle relazioni tra uomini invece di scegliere l’ascolto. La mitezza di Cristo che si è lasciato inchiodare sulla croce e uccidere per odio, ci insegni a rifiutare ogni forma di violenza, di giudizio e di condanna.
Alle donne dico di non accettare mai la logica che per essere più forti, rispettate e considerate, si debba imitare la parte peggiore degli uomini. Imparate da Maria e insegnateci a resistere al male con la tenerezza. A tutti Maria insegni che il corpo di Cristo non è consegnato alla morte con quella disperazione di chi non ha altro orizzonte di quello delle cose della terra.
Esso è il chicco di grano che seminato dall’amore di Dio è vivo e porta in sé un germe potente di vita nuova, libera dalla corruzione del male. Da stasera la Chiesa entra in un grande silenzio, il Signore della vita è stato ucciso dagli uomini, ma la morte non ha vinto e non vincerà più”.
Sabato mattina nella Chiesa di San Domenico saranno a disposizione dei sacerdoti per le confessioni, mentre in serata si celebrerà la funzione della preghiera delle cinque piaghe e del bacio della reliquia.
Di Ilaria Stirati – Fotografie Simone Grilli