“L’opera a cui sono più legata è senza dubbio ‘Donna in attesa’. Il quadro è conservato nel mio studio e dedicato a mia figlia e a mia nipote. Un momento fondamentale nella vita di ogni donna, quando è proprio lei a donare la vita“

La pittrice Giuliana Capocchia
GUBBIO – Sabato 6 agosto è stata inaugurata a Palazzo dei Canonici (sede del Museo Diocesano) la personale della pittrice Giuliana Capocchia, intitolata “Donna…Oltre“. Un’artita poliedrica, che si definisce “quasi autodidatta“. Negli ultimi anni di produzione ha progressivamente concentrato il proprio lavoro artistico nella realizzazione di figure femminili, estremamente vocate al realismo, sia enatomico che emotivo.
Per Cronaca Eugubina l’ha intervistata Germana Rondelli, e quello che vi proponiamo di seguito è il testo integrale dell’intervista molto appassionata che Giuliana Capocchia ci ha gentilmente concesso.
La mostra si intitola “Donna…Oltre”, perché questa scelta?
“La figura di donna non si riferisce soltanto alla sua immagine estetica ma a quella interiore, legata alla sua anima e al suo essere pensante. Il termine ‘oltre’, abbraccia il significato di donna intesa come genitrice, creatrice di vita, per questo ogni mia opera è come un parto non privo di dolore e forte espressività“.

Tania Tagnani, Giuliana Capocchia e Ivana Baldinelli
In passato ha realizzato dipinti paesaggistici, perché qui, al contrario, troviamo per la maggior parte figure femminili?
“Mi sono avvicinata all’arte gradualmente e da autodidatta, inizialmente occupandomi di paesaggi e studio del colore. Successivamente, avendo frequentato le botteghe dei grandi artisti contemporanei umbri, per esempio Marchionni di Spello, ho deciso di cimentarmi Nella raffigurazione della figura umana in modo da poter cosi, esprimere e trasmettere un sentimento“.
Nelle sue tele, troviamo molto accentuate, oltre al viso, le mani? La cosa ci incuriosisce. Qual è il motivo di questa scelta?
“Le mani vengono rappresentate grandi, proprio perché, hanno un potere comunicativo maggiore rispetto allo sguardo. Quest’ultimo appare infatti astratto mentre la gestualità è concreta“.
Qual è l’artista a cui si ispira?
“L’artista a cui mi ispiro è Tamara de Lempicka riprendendo un po i suoi tratti marcati; spesso l’espressione dello sguardo è energica, determinata ma anche trasognata, incantata e sbalordita. Il taglio della composizione è audace e coraggioso, unito a colori accesi e splendenti di luce. In questo modo l’artista offre al personaggio ritratto bellezza e mistero e il visitatore ne rimane ancora più attratto“.

Giuliana Capocchia a Palazzo dei Canonici
In alcune delle sue opere, fa riferimento ad un argomento attuale, femminicidio e maschilismo. Perché questa scelta?
“Il femminicidio, che nei tempi moderni ha raggiunto il fenomeno di massima tragicità, fa si che la comunità continua a piangere le sue donne. Le donne dipinte non esasperano il conflitto, si mostrano quasi in atteggiamento conciliante, non antagoniste, tantomeno dominatrici; è la donna che si sente parte di un disegno condiviso e nel suo progetto custodisce, per vocazione, fragilità e forza“.
Ci racconti la sua esperienza in merito a mostre ed esposizioni.
“Ho partecipato a diverse mostre sia in Italia che all’estero, fra queste il Palazzo nazionale della cultura a Sofia, in Bulgaria, a Praga con la Collettiva di pittura il Corciano Festival, a Spello con la Via Crucis d’Autore e sono stata selezionata due anni fa per partecipare a Verona alla prima Biennale della Creatività in Italia“.
Qual è il suo lavoro più significativo?
“L’opera a cui sono più legata è senza dubbio ‘Donna in attesa’. Il quadro è conservato nel mio studio e dedicato a mia figlia e a mia nipote. Un momento fondamentale nella vita di ogni donna, quando è proprio lei a donare la vita“.

La pittrice a Palazzo dei Canonici a Gubbio
Che cos’è l’arte per lei?
“L’arte è per me la rappresentazione del bello, in particolare, è la trasformazione di una cosa irreale in concreto. La mia è la voglia di trasmettere al mio interlocutore una parte profonda di me“.
Intervista a cura di Germana Rondelli – Foto Tania Tagnani