Quante volte per la vigilia dei Ceri, di sera, eri con altri amici a cavare le porchette nel forno odorose e fumanti, con Checco che vi dicevaForza freghi, ve serve per domani‘. Che fatica eraNon si poteva dire, se vi sentiva Checco! Ma che occhiate!

GUBBIO – Con l’approssimarsi della Festa dei Ceri, Luciano Casagrande si rivolge all’amico Capodieci di Sant’Ubaldo Roberto Guidarelli con una lettera spedita all’attenzione del nostro giornale. Nella missiva Casagrande fa riferimento alla storia ceraiola di Guidarelli, e al suo legame con storici ceraioli santubaldari quali (il nonno Baratieri e l’amico Checco), da cui ha appreso i veri valori della Festa dei Ceri.

Nella fotografia che pubblichiamo si vedono assieme Roberto Bossi (Capodieci nell’anno 1995), Roberto Guidarelli e Luciano Casagrande (Capodieci nell’anno 1976). La foto venne scattata qualche anno fa, quando Roberto Guidarelli era ancora un ceraiolo che “aspirava” ad alzare il Cero di Sant’Ubaldo.

A posteriori, oggi, la battuta viene spontanea: “Non c’è due, senza tre!“, con riferimento ai due storici Capodieci e a Roberto Guidarelli che lo sarebbe diventato alcuni anni dopo nel 2017. Sarà stato un segno del destino?

La lettera a Guidarelli 

Quest’anno alzerà il Cero di Sant’Ubaldo Roberto Guidarelli, per noi sarà una gioia, specialmente per la muta di Santa Maria, per la tua famiglia e di tanti amici ceraioli. Anche per il nonno Baratieri sarebbe stata una grande gioia, l’inossidabile amante dei Ceri e della vita. Quante volte a casa mia abbiamo guardato quella foto dei Ceri del 1974, una delle prime a colori, oramai sbiadita, a Santa Maria e tra la gente tua madre incinta di te, propri lì. Un segno?

Le prime spallate al Cero, la tua voglia di arrivare alla stanga, con sicurezza e decisione. Poi da bracciere a Santa Maria, per caso si infortuna Massimo Morelli, ceppo, e lì il consenso della muta a sostituirlo. E così siamo andati giù insieme (io punta davanti), tra qualche pensiero e timore, subito passati. Tra tanti sangiorgiari che ci stavano addosso. Quante raccomandazioni prima della Corsa. 

L’anno dopo sei ancora venuto giù, così da essere ceppo fisso. Poi il barelone sul primo pezzo del Corso, poi il distributore, le girate della sera tra le stanghe, la Roscia, il monte, questi i pezzi dove hai preso il Cero di Sant’Ubaldo. Quando sei entrato a barelone sul Corso, è stata la svolta. Parlare con le mute per i cambi che, con la tua esperienza da ceraiolo, ti ha permesso di dare consigli ai giovani con il tuo carisma che è andato crescendo. 

Riuscivi a placare qualche esagitato, e ad essere rispettato mettendo in pratica le parole di Baratieri, sempre di ampie vedute e pronto ad incoraggiare i giovani. Nei tuoi discorsi spesso fai riferimento al rispetto per gli anziani e per i giovani, che insieme sono la vita del Cero e la continuità della Festa nei secoli. Hai cercato di riscoprire certi valori spirituali, avvicinandoli alla Festa per Sant’Ubaldo, arricchendo e ravvivando gli animi dei ceraioli forse oggi poco stimolati.

Quante volte per la vigilia dei Ceri, di sera, eri con altri amici a cavare le porchette nel forno odorose e fumanti, con Checco che vi diceva ‘Forza freghi, ve serve per domani’. Che fatica era… Non si poteva dire, se vi sentiva Checco! Ma che occhiate!

L’elezione esaltante, incontrastata, a Capodieci di Sant’Ubaldo. Il Capodieci di tutti i Ceraioli, era da tanto che non succedeva. Una gran festa in Taverna alla tua acclamazione, e tante strette di mano e tanti brindisi. Ti saremo vicini, anziani e giovani della muta di Santa Maria, come del resto è il nostro modo di essere sempre presenti.

Per aiutare e dare coraggio, stavolta tanto di più, per darti tranquillità e fiducia. Quando sarai lassù tra le stanghe, in quei minuti interminabili, non potrai fare a meno di pensare a Baratieri, a Checco e a tanti altri ceraioli che non ci sono più e che avrebbero gioito sapendoti Capodieci, ma saranno lassù a guardarti.

Un caloroso saluto e un augurio da tutti noi, non potevo non scrivere qualcosa per te. Viva i Ceri, viva Sant’Ubaldo. Via ch’eccoli e un grande abbraccio“.

Di Francesco CaparrucciFotografia Paolo Pascolini