Nella lettera (firmata Gruppo eugubino “Il barone rampante”) si legge: “In Piazza 40 Martiri si sta preparando l’ennesimo attacco al vivere in modo civile attraverso un’umiliante imposizione dall’alto che non tiene in alcun modo conto della partecipazione dei soggetti che per primi dovrebbero avere voce in capitolo, gli abitanti di Gubbio, appunto.

La città di Gubbio vista dai Giardini pubblici

Non vogliamo altro cemento, altra pavimentazione che non faccia respirare le radici degli alberi, o che ritagli loro solo un esiguo spazio soffocante… E non capiamo la ragione per cui volete sradicare i pini superstiti che perimetrano nella piazza, il parcheggio lungo la strada che conduce all’ex semaforo: forse perché non sono autoctoni?
I giardini sono espressione del romanticismo ottocentesco e vanno restaurati come si fa con un monumento che testimonia il tempo in cui è stato concepito e realizzato. Voler modernizzare a tutti i costi, senza tener conto della storia delle persone, dei loro rapporti con i luoghi che li hanno viste crescere, è un’offesa a quello che resta della nostra umanità, in un contesto che ce ne sottrae zone sempre più vaste ogni giorno”.

GUBBIO – Pubblichiamo di seguito una lettera firmata Gruppo eugubino “Il barone rampante”, spedita all’attenzione della Redazione di Cronaca Eugubina e in contemporanea anche al sindaco Filippo Stirati, alla vicesindaco Alessia Tasso, alla Giunta comunale e al Consiglio comunale.

La lettera ha come tema centrale la riqualificazione di Piazza 40 Martiri, il cui progetto è stato recentemente presentato dall’Amministrazione comunale, che viene definito come “un’umiliante imposizione dall’alto che non tiene in alcun modo conto della partecipazione dei soggetti che per primi dovrebbero avere voce in capitolo, gli abitanti di Gubbio, appunto“.

La lettera 

Siamo un gruppo di cittadini residenti nel centro storico di Gubbio, dei residuati bellici, o, se preferite, una razza umana in via di estinzione, grazie alle politiche di questi anni che hanno inteso trasferire fuori della città storica tutti i servizi, implementando i supermercati fino a raggiungerne un numero sbalorditivo per una città come la nostra, in modo da cancellare negozietti di vario genere, rendendo così impossibile la vita quotidiana degli abitanti.

Tutto è stato pensato in nome delle automobili, senza pensare che, forse, dopo quasi un secolo e mezzo dalla prima auto, questa potrebbe essere una storia che ha ormai gli anni contati… come è successo per le macchine da scrivere, le carrozze a cavalli, e i treni a vapore….

Alcuni di noi vivono proprio in Piazza Quaranta Martiri, dove, come abbiamo avuto modo di capire, si sta preparando l’ennesimo attacco al vivere in modo civile attraverso un’umiliante imposizione dall’alto che non tiene in alcun modo conto della partecipazione dei soggetti che per primi dovrebbero avere voce in capitolo, gli abitanti di Gubbio, appunto.

In questi anni abbiamo assistito a un vero e proprio scempio dei giardini pubblici, lasciati nel degrado, con l’abbattimento di alberi secolari mai ripiantati, e la trasformazione dei giardinetti piccoli, depauperati degli alberi e delle siepi che ne caratterizzavano il disegno originale, in una sorta di discoteche all’aperto per tutta la stagione estiva…

Per quanto riguarda le presentazioni che sono state fatte questi giorni della ‘riqualificazione’ della piazza, corredate da imbarazzanti foto copiate e incollate da una specie di supermarket degli arredi aeroportuali, veniamo a dirvi quanto segue: ‘A noi preme la conservazione degli alberi ad alto fusto della piazza (tutti, o almeno quelli che ci avete lasciato dopo stagioni su stagioni allietate dalle motoseghe).

E non vogliamo altro cemento, altra pavimentazione che non faccia respirare le radici degli alberi, o che ritagli loro solo un esiguo spazio soffocante. Le radici facilitano la traspirazione, e, lasciate libere, creano frescura, operazione che non è di sola pertinenza della chioma.

La pavimentazione che proponete voi si riscalda con il sole ed emana eccessivo calore, cosa che non fa invece la terra. E non capiamo la ragione per cui volete sradicare i pini superstiti che perimetrano nella piazza, il parcheggio lungo la strada che conduce all’ex semaforo: forse perché non sono autoctoni?

Allora, se la ragione fosse questa, dovremmo disertificare anche il monte di Sant’Ubaldo, ne convenite? Noi crediamo nel restauro conservativo dei due giardini, piccoli orti botanici pensati e disegnati in un’epoca in cui la socialità e l’incontro erano ancora gli scopi di qualsiasi piazza e di qualsiasi città (cfr. Felicità d’Italia di Piero Bevilacqua).

Se si intende fare del restauro conservativo, occorre cercare di comprendere il pensiero che ha sotteso l’opera in questione: i giardini sono espressione del romanticismo ottocentesco e vanno restaurati come si fa con un monumento che testimonia il tempo in cui è stato concepito e realizzato. La famosa ‘temperie’ che studiavamo al liceo…

Va ripristinato tutto il patrimonio arboreo che è andato perduto nel corso del tempo, i cespugli originali, il labirinto, tutto. E, ancora di più, vanno rispettati, come lascito prezioso di chi ci ha preceduto e che probabilmente aveva un gusto migliore del nostro.

Voler modernizzare a tutti i costi, senza tener conto della storia delle persone, dei loro rapporti con i luoghi che li hanno viste crescere, è un’offesa a quello che resta della nostra umanità, in un contesto che ce ne sottrae zone sempre più vaste ogni giorno.

Abbiamo davvero bisogno di opere che ci fanno pensare a spazi aeroportuali, anonimi e senz’anima nella nostra bella città medievale?

Ci è stato sottratto tantissimo, in questi ultimi decenni, in termini umani, lasciateci almeno i nostri ricordi, le intermittenze di cuore e le madeleines di Proust, fateci intenerire mentre raccontiamo ai nostri nipoti di quando giocavamo alla montagnola, o al lupo e sette capretti al monumento, di quando facevamo filetto sulle panchine, disegnandolo con un ciuffetto di erba verde, o ci sporgevamo a guardare i pesci rossi.

O di quando, più grandi, restavamo svegli notti intere a cantare e suonare la chitarra sui gradini del monumento, o dei nonni, che proprio in quella panchina vicino alla fontana, giocavano a briscola con i loro amici, o di quei tre ragazzi trasformati in cipressi perché chi diede la vita ebbe in cambio una croce…

In fondo noi vecchi non chiediamo molto, in fondo ci accaloriamo perché maltrattare le cose del passato è maltrattare anche noi.

Ma vi assicuriamo, che nonostante non siamo più in verde età, niente e nessuno ci impedirà di salire sugli alberi sani e vegeti che voi avete già condannato a morte e di passarci, se necessario, giorni interi, mesi e anche oltre… non abbiamo molto da perdere, ormai, e, credeteci, ne siamo capaci‘.

Gruppo eugubino “Il barone rampante”