Ivo Ragni Calzuola (Capodieci di Sant’Ubaldo): “All’epoca eravamo più ‘corsaioli’, nel senso che pensavamo tantissimo alla corsa. C’era rispetto e un grande senso di vera amicizia”.

Carlo Tomassini nel 1982

Tito Micheletti (Capodieci di San Giorgio): “Ai giovani dico che devono ritrovare la sintonia con il Cero che avevamo noi ceraioli all’epoca. Non parlo solo del 15 Maggio ma della vita in generale”. 
Quando Ardicino Pannacci (Primo Capitano) seppe che Mario Bellini (Secondo Capitano) non sarebbe riuscito a fare il Monte a piedi, chiese il cavallo anche per il Secondo Capitano. E da allora fu sempre così fino ad oggi. 

GUBBIO – Quaranta anni sono tanti. Sono sembrati interminabili gli ultimi due segnati dal Covid-19, che ha privato la comunità eugubina di due edizioni della Festa dei Ceri, eppure se osservate da un altro punto di vista, quattro decadi possono apparire anche come un battito di ciglia.

E’ così per i protagonisti della Festa dei Ceri di allora, alcuni dei quali purtroppo non ci sono più. E in questo particolare momento in cui la Festa ritorna a inondare di gioia i cuori di tutti gli eugubini, abbiamo realizzato una sorta di parallelismo tra quello che la città sta vivendo adesso e ciò che si respirava nel 1982.

Quaranta anni appunto, una cifra tonda che ha fatto nascere un senso di grande commozione nell’animo di chi in quell’anno riuscì a vivere indimenticabili momenti.

Ivo Ragni Calzuola – sfilata 1982

All’epoca – afferma Ivo Ragni Calzuola, Capodieci di Sant’Ubaldo del 1982 – eravamo più ‘corsaioli’, nel senso che pensavamo tantissimo alla corsa. Oggi invece, con tanti anni in più di vita vissuta, siamo più riflessivi. Se un Cero cade adesso il dispiacere che provo dentro di me è molto più grande rispetto ad allora.

Quello che più mi fa piacere però è che con quella generazione di persone siamo diventati Fratelli di Cero, ognuno con il colore della sua camicia ma con un profondo rispetto e un grande senso di vera amicizia. 

Di certo oggi i tempi sono cambiati, ma a me ad esempio piacerebbe tantissimo se Sant’Ubaldo, dopo aver chiuso il portone della Basilica, lo riaprisse per finire la giornata di festa insieme agli altri due Ceri nella casa del Patrono.

Ai giovani comunque vorrei dire che devono avvicinarsi al Cero non solamente per la voglia di fare il ‘Corso’ o la ‘Calata’, ma per la devozione per Sant’Ubaldo e per il Cero stesso, perché la stanga sulla spalla va messa con il cuore a prescindere che si tratti della ‘Callata dei Neri’ o del ‘Bughetto’”.

Tito Micheletti – Festa dei Ceri 1982

Sulla stessa lunghezza d’onda si è sintonizzato anche Tito Micheletti, Capodieci di San Giorgio del 1982. “Ai giovani – spiega ‘Genga’ – dico che devono ritrovare la sintonia con il Cero che avevano i ceraioli della mia generazione. C’era un modo di vivere la Festa diverso rispetto ad oggi, sicuramente molto più genuino e diretto.

I ragazzi di oggi sicuramente tendono a voler bene al Cero, ma forse non c’è più quell’attaccamento che c’era una volta per la Festa nella sua globalità.

Credo che in questo momento i più giovani dovrebbero rivedere un po’ i valori che gli sono stati tramandati, e non parlo solo del 15 Maggio ma anche della vita in generale.

Probabilmente al giorno d’oggi le nuove generazioni hanno bisogno di riscoprire quei sentimenti che erano parte integrante della vita, sia ceraiola sia di tutti i giorni, che aveva la mia generazione”.

I Capitani Pannacci e Bellini nel 1982

Il Capodieci di Sant’Antonio invece era Carlo Tomassini (“Piero de Pinca”) che è venuto a mancare anni fa e che in tanti hanno ricordato alla nostra Redazione come un valente ceraiolo e una persona per bene, mentre i Capitani erano Ardicino Pannacci (Primo) e Mario Bellini (Secondo) anche loro scomparsi.

Per far capire qual’era lo spessore umano di queste persone, basterà ricordare, come sottolineato dai suoi familiari, che proprio Ardicino Pannacci, avendo saputo che Bellini non sarebbe riuscito a fare il Monte a piedi a causa di un problema di salute, chiese alla Famiglia dei Santubaldari e alla stessa Università dei Muratori di fare in modo che anche il Secondo Capitano potesse avere il cavallo.

Fu proprio da questa indicazione che poi negli anni successivi tutto questo diventò realtà e la figura di Ardicino Pannacci, con la sua umanità, la sua disponibilità e il suo grande cuore, rimane indelebile nella storia della città.

Servizi a cura di Nicolò B. Fotografie archivio storico Gavirati 1982