Intervista al Presidente di Confprofessioni Umbria, Dottor Roberto Tanganelli: “Le continue chiusure hanno creato caos organizzativo e un problema di liquidità alle attività e all’indotto. In crisi turismo, commercio, artigiani e professionisti.
Ristori inefficaci. Molte imposte dovevano essere azzerate e non rimandate visto che l’emergenza economica deve essere gestita con strumenti certi e concreti

Gubbio vista da Sant’Ubaldo

GUBBIO – Al Dottor Roberto Tanganelli abbiamo chiesto di farci il punto della situazione sulla crisi economica a livello locale regionale e nazionale, mettendo in evidenza le criticità del momento e individuando le possibili soluzioni.

Proponiamo di seguito l’intervista, che è un approfondimento che dedichiamo a tutti i lavoratori e le lavoratrici eugubini.

Qual è la sua percezione della situazione economica attuale in Umbria e in particolare a Gubbio, soprattutto per quel che riguarda microimprese partite iva e professionisti?

L’onda d’urto provocata dall’emergenza Covid-19 si è infranta in maniera violenta sulle imprese e sui professionisti e la sensazione è che se non si interviene a livello centrale con soluzioni drastiche, efficaci e soprattutto tempestivamente, le macerie di questo tsunami le avremo ben visibili nei prossimi mesi. Le continue chiusure e riaperture ed ancora chiusure disposte dai provvedimenti governativi, hanno di fatto causato non solo un caos organizzativo ma ne è scaturito soprattutto un problema importante in termini di liquidità sia delle categorie colpite dal provvedimento che dall’indotto.

E’ trascorso quasi un anno dall’inizio della prima chiusura e si possono soppesare con maggiori precisioni le conseguenze più immediate della crisi sull’attività corrente delle imprese e comprendere quindi quali saranno gli scenari nell’immediato futuro.

Innanzitutto dall’indagine dell’ISTAT che prende in considerazione i dati tra ottobre e novembre 2020 emerge che la nostra Regione Umbria ha una situazione meno negativa di quella nazionale. Il 71% dei soggetti intervistati (imprese con almeno tre addetti) ha dichiarato di essere in attività, mentre il 25% di esserlo con alcune limitazioni (negli spazi, negli orari e nell’accesso alla clientela), il restante 4,4% dichiarava la chiusura.

La situazione in Umbria in termini di fatturato perso oscilla dal 10% al 50% per quasi la metà delle imprese intervistate, in questo scenario che ha superato da tempo la soglia del “preoccupante”, c’è una componente del sistema imprenditoriale pari all’8% che è riuscita a trarre vantaggio dalla situazione Covid19, vedendo aumentare le proprie vendite, i comparti in questione sono quelli del settore alimentare, della grande distribuzione e del commercio elettronico.

La nostra città in cui persistono un grande numero di attività turistiche e ricettive comprendendo in questa macro voce anche ristoranti e bar, sono evidenti le conseguenze prodotte dalle chiusure previste dai vari decreti emanati esponendo in particolar modo il settore del turismo ad una crisi senza precedenti. Risvolti quindi pesanti non solo per gli operatori del settore, ma anche per i tantissimi lavoratori dipendenti che assunti con contratti a termine difficilmente ritroveranno occupazione.

Ma il nostro territorio è rappresentato anche da artigiani, commercianti e professionisti tutti ambiti provati dal Covid e da ristori che a conti fatti si sono rivelati inadeguati per sostenere le categorie e le loro famiglie”.

Roberto Tanganelli

Il Governo starebbe lavorando in questi giorni a “ristori diffusi” per attività che nel 2020 hanno registrato perdite del fatturato dal 33% al 50% (scavalcando il principio del codice Ateco).

Secondo lei queste misure, qualora fossero approvate, sarebbero sufficienti o c’è bisogno di interventi più strutturati per l’economia italiana e di territori marginali come i nostri?

I così detti ‘ristori’ sono a mio avviso un mero palliativo assolutamente inefficace rispetto alla cura necessaria per supportare le imprese. Servono interventi urgenti e molto più consistenti di quelli fin qui utilizzati e l’idea di superare i codici ATECO è fondamentale poiché tutti gli operatori di qualsiasi comparto hanno avuto danni e quindi, a prescindere dalla classificazione dell’attività, devono essere supportati in maniera efficace.

E’ oggettivamente sbagliato, a mio avviso, basarsi esclusivamente sul mero calcolo matematico della perdita di fatturato, infatti, anche coloro che hanno subito perdite inferiori alle percentuali indicate dai provvedimenti si trovano in difficoltà. I ristori, così come concepiti oltre ad essere non efficaci, ledono la dignità degli imprenditori che come prima istanza vogliono essere messi nelle condizioni di lavorare ed avere il giusto sostegno dallo Stato al quale ogni anno versano quasi il 67% di imposte per una serie di servizi che per la maggior parte dei casi non vengono erogati.

In una situazione come questa molte imposte dovevano, a mio avviso, essere azzerate ad ogni livello, statale, regionale e locale e non rimandate visto che l’emergenza (dopo quella sanitaria) economica deve essere gestita con strumenti veri, certi e concreti al fine di far uscire dal guado quanti più imprenditori e professionisti possibile”.

Gubbio, Piazza Quaranta Martiri

Lei è un professionista che ha il polso del mondo del lavoro, quali sono le richieste e i problemi che si trova a fronteggiare quotidianamente lavorando con attività imprese e professionisti?

Sicuramente non c’è davvero di che stare allegri! Nel momento più difficile della nostra storia repubblicana, ci troviamo ad affrontare la pandemia sia sanitaria che economica, con un altro handicap che è quello di una politica distratta da “beghe” che nulla hanno a che vedere con l’interesse del popolo e che quindi perde di incisività su provvedimenti che devono avere tutta l’attenzione e la forza per chi investe e rischia personalmente nella propria attività dando lavoro anche a dipendenti.

Ad oggi il vero timore per gli imprenditori è di avere la forza di ripartire, provati da tanti momenti in cui si sono trovati davanti al fatto compiuto senza aver potuto dire la loro sui tavoli istituzionali, ma solo “obbedisco” Obtorto collo !. Il ‘polso della situazione’ non è dei più rosei, almeno per le esperienza che quotidianamente ho con i soggetti che assisto, ma stessa sensazione hanno i miei colleghi che vedono un futuro difficile e per imprenditori che già erano provati dalla crisi degli ultimi anni e magari dall’accumularsi di debiti verso lo Stato per l’eccessiva pressione fiscale.

Tutti noi sappiamo che la seconda emergenza del Covid 19 è quella economica e quindi non possiamo ragionare in maniera miope per solo il nostro territorio ma l’obiettivo è chiaro e cioè approdare in maniera veloce e tempestiva agli ingenti fondi messi a disposizione dall’Europa per poi, con questi, attraverso progetti solidi e credibili, aggredire finalmente tutte le debolezze ed i ritardi storici del nostro Paese e far si che questi fondi siano il volano di ricostruzione nazionale.

Per quanto riguarda i professionisti, nei primi sei mesi dall’inizio della pandemia si sono persi, a livello nazionale, oltre 30 mila lavoratori! Professionisti che per lo più vengono sempre dimenticati dallo Stato al momento di sostenerli economicamente e che invece, li utilizza, per chiedere loro alcuni fondamentali servizi gratuitamente come ad esempio l’invio (riferendomi all’aspetto fiscale) delle dichiarazioni dei redditi oltre che dei tanti dati che il Governo, con cadenza anche mensile, pretende di avere a detta loro con un semplice “click”!

In conclusione sul punto mi preme evidenziare come uno dei pericoli della pandemia sia il divario sempre più forte che si sta creando sotto l’aspetto sociale, si perché, la crisi non ha affatto toccato coloro che hanno la certezza del posto di lavoro (lavoratori statali), ha toccato parzialmente i dipendenti tutelati dalla cassa integrazione ed ha poco sostenuto il popolo delle partite Iva.

Questa situazione ovviamente è una “bomba” pronta ad esplodere, l’auspicio è che i nostri governanti siano lungimiranti a gestire la crisi e rendere questa possibilità assolutamente remota”.

Cronaca Eugubina n.212

Al momento è possibile fare una previsione anche di massima su una possibile ripartenza dell’economia italiana?

Secondo gli esperti la crisi economica e la perdita di prodotto interno lordo, avrà ripercussioni per i prossimi tre anni, ciò nonostante, occorre fare in modo che questo periodo sia assolutamente gestibile e sostenibile per gli imprenditori. Difficile fare previsioni per l’uscita da questa situazione, soprattutto pensare ad una ripartenza che porti ossigeno alle imprese.

A mio avviso nel momento in cui funzionerà il vaccino potremo vedere ripristinata la fiducia ed i comportamenti delle persone che in questo momento è molto debole. Il clima che stiamo vivendo è estremamente poco socializzante e certamente non aiuta il nostro Paese che però ha dato prova di rigore e di saper rispettare le regole.

Dove intervenire: è auspicabile che il Governo prenda in considerazioni delle forme di ‘pace fiscale’ a favore delle imprese e cittadini con l’obiettivo non di condonare ma di fare pagare in maniera agevolata la ‘vera sorte’ senza applicazione di sanzioni o interessi, dare così la possibilità di mettersi in regola senza l’appesantimento di queste due voci.

Uno degli aspetti importanti che il Governo ha messo in atto è l’incentivo del 110% per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

In questo periodo di pandemia, le persone hanno scoperto l’importanza dell’abitazione, e delle sue pertinenze come giardini e terrazze, che oggi valgono come l’oro. Stimolare a rimettere a posto queste case e a ristrutturarle dovrebbe essere un atto importante che farebbe ripartire l’economica sia delle piccole e medie imprese che di altri settori più forti come le banche”.

Francesco Caparrucci